Economia e Finanza--Scenario inflazionistico all'italiana per gli USA. Bello, brutto e cattivo dei mercati
<a href=www.gdp.ch>Giornale del Popolo di Corrado Bianchi Porro
Dopo la disinflazione degli anni ottanta e novanta, gli Stati Uniti percorreranno una via inflazionistica per rimettere in sesto i propri pesanti deficit. Tassi in discesa a breve, ma in salita più avanti. Cammino inverso per il dollaro, più forte ora nel dopo guerra, più debole in prospettiva.
Chi si aspettava che la fine della guerra avrebbe riportato il sereno nei mercati finanziari, dovrà ricredersi. I mercati avranno ancora a che fare con il Bello, il Brutto e il Cattivo. Vi sarà ancora volatilità nei mercati e dunque anche opportunità. Ma vi sono alcuni nodi strutturali da risolvere, primo tra questi i deficit americani (federale e commerciale). Quale soluzione dunque? Tagliare le spese o aumentare le tasse, sarebbero le misure classiche, nessuna delle quali è tuttavia bene accetta dall'amministrazione repubblicana nel momento in cui ci si avvicina all'anno elettorale. Poiché non è dunque praticabile la via giapponese della deflazione, non resta che una via all'italiana per riequilibrare i conti: re-inflazionare l'economia. In sostanza a breve i tassi americani scenderanno ancora per aiutare la ripresa (la Fed vorrà dare adrenalina al mercato), ma a medio termine sono destinati ad aumentare e magari a ritornare ai livelli a due cifre degli anni ottanta. Così il dollaro a breve potrà guadagnare, ma a medio raggio dovrebbe perdere terreno. Questa l'analisi di Burkhard Varnholt, capo del dipartimento dei Prodotti finanziari del Credit Suisse Private Banking, intervenuto ieri alla sede luganese di via Canova. Veniamo al Bello dei mercati. Le grandi bolle sono ormai scoppiate e i guadagni delle imprese si stabilizzano; la guerra in Iraq è breve e vi è stato un rally delle borse. Le Brutte notizie sono che i cash-flow delle aziende rimangono deboli in quanto esse debbono ristrutturare l'indebitamento e mantenere le promesse pensionistiche fatte ai propri dipendenti. Inoltre, la fiducia nei mercati non è esaltante e l'approccio al rischio per gli investitori rimane a livelli molto bassi. Le Cattive notizie sono legate all'aumento dei debiti pubblici, al dover fronteggiare le spese della guerra, al prezzo del petrolio che crea inflazione anche per i problemi in Nigeria e Venezuela, alla fattura del ribasso di borsa, alla necessità di equilibrare i fondi pensionistici. Secondo la Goldman Sachs, il contributo annuo per i fondi pensionistici potrebbe salire a 40 miliardi di dollari a 120 miliardi annui. In sostanza, il 2003 sarà un anno di "chemioterapia" per pareggiare i conti ed è questo che crea il pericolo di una grafica a "w", caratterizzata da caduta, risalita e nuova caduta prima della ripresa. Secondo Burkhard Varnholt, c'è bisogno di bassi interessi per la ripresa del mercato azionario e tuttavia non è affatto da escludere uno scenario inflazionistico che riporti il tasso dei bond dal 2,4% attuale al 14% di vent'anni fa. Il deficit federale si andrà infatti ampliando a dismisura. Se gli anni 1980-2000 sono stati caratterizzati da: • Riduzione del peso del governo; • Globalizzazione; • Privatizzazioni; • Prevalenza della grandi società; • Tecnologia e asset intangibili; • Dominio del dollaro; • Pace; • Deflazione. Gli anni verso cui ci muoviamo possono invece percorrere il cammino opposto. In questo caso avremo: • Incremento del peso del Governo; • Protezionismo; • Nazionalizzazioni; • Prevalenza di piccole società; • Energia e asset reali. • Debolezza del dollaro; • Guerra; • Reflazione. In sostanza, gli USA hanno interessi convergenti a re-inflazionare l'economia e questo farà comodo anche alle economie di Paesi indebitati che hanno oneri denominati in dollari. Non c'è dunque alle viste uno scenario alla giapponese, un mercato chiuso, che si avvolge su se stesso e con caratteristiche politiche e demografiche del tutto diverse da quelle americane. Anzi, è persino possibile che lo stesso Giappone decida di abbandonare la sterile via della deflazione.